Mi chiamo Tommaso. Sono un gatto, quasi certamente. Ma chissà…
La curiosità è il motore della mia ricerca. Una ricerca personale, ancor prima che artistica. Di sicuro.
La meraviglia di fronte all’ignoto è il catalizzatore delle mie esplorazioni.
Viaggio da anni, fisicamente e non, per scoprire qualcosa in più sulla mia individuale collocazione in questo universo.
I miei itinerari sono indistintamente geografici, mentali e onirici.
Ho sempre avuto il sospetto che il concetto di tempo a mia disposizione fosse riduttivo, e non risolvesse in toto aspettative e desideri. Intendo dire che la percezione del tempo è per ciascuno talmente personale e contingente che non mi convincono le tradizionali quanto arbitrarie unità fisse e precostituite in cui è stato suddiviso e scansionato.
Minuti, Ore, Giorni, Anni, ma anche Passato, Presente, Futuro. Che significato hanno? Sono reali? Aderiscono al sentire individuale e unico di ciascuno di noi?
In risposta a questi interrogativi si sono succeduti studi, letture, confronti con altri, e anche piccoli esperimenti onirici autogestiti. Poi un certo tipo di cinema visionario o fantascientifico e artisti visivi che non poterei non amare… Bosch, Goya, El Greco, Picasso, Dalì, De Chirico, Tanguy, Magritte. Il Surrealismo e la Metafisica, contenitori pullulanti di paesaggi (e passaggi) segreti e stravaganti che si stagliano al di là di ogni legge fisica spazio-temporale, e in cui si rivelano sorprendenti e terrificanti, come vertiginosi salti nel vuoto, nuovi inaspettati assetti dell’essere e del percepire.
A tutto ciò si è aggiunta la grande mostra di Roma del 2017 Time is out of Joint…sono andato spinto dall’amore e ho trovato supporto a ciò che era e continua ad essere il mio cammino.
Il mio fare è incondizionato, quando lavoro con la materia, sento di essere libero e mi accorgo che davvero posso ampliare il quotidiano, dilatare il tempo, giocare con esso e con me stesso.
Ora, proprio come in un tradizionale esperimento scientifico di tutto rispetto, vorrei rompere il tempo, frantumarlo in milioni di pezzi, appiattirlo e annullarlo… non sarebbe forse come riaverlo tutto intero, lì davanti a noi, finalmente, nella sua integrità e indivisibilità?
Non sarebbe bello e rotondo e pieno come l’amore?
Potendo contare sull’infinito ventaglio di opportunità che il semplice atto di spostare il punto di vista può offrire, continuo a spingermi su precipizi che danno su mondi altri, diversi, paralleli o sui crinali di dimensioni interconnesse e sovrapposte.
E sempre decido di farlo, il salto.
E lo faccio strizzando l’occhio a Kronos e tenendo la mano a Bon Bon.